La via della nonviolenza
“Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali”. Questo auspicio è il cuore del messaggio che Papa Francesco invia per la giornata della pace 2017.
Non si tratta di buonismo, di arrendevolezza, di sforzo ascetico ma del frutto di una consapevolezza, che ogni persona è “immagine e somiglianza di Dio”, che siamo gli uni per gli altri “doni sacri dotati di una dignità immensa”. È facile riconoscerlo quando le relazioni sono buone e riguardano i nostri cari, ma non altrettanto facile “nelle situazioni di conflitto”. Ecco, è qui che siamo chiamati a fare “della nonviolenza il nostro stile di vita”. La storia ci insegna che la violenza non ha mai raggiunto obiettivi duraturi, anzi ha sempre “scatenato rappresaglie e conflitti letali che recano benefici solo a pochi «signori della guerra».
Non ha peli sulla lingua il nostro Pontefice, anche perché fa affidamento sulla «buona notizia» di un Gesù che “predicò instancabilmente l’amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona, e insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici e a porgere l’altra guancia”. Egli ha percorso fino alla fine, fino alla croce, la via della nonviolenza, per cui “essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza”.
Benedetto XVI in un Angelus aveva affermato: “La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità”. Molti sono i testimoni che si sono lasciati guidare da questa convinzione, anche tra le altre tradizioni religiose.
Ribadisce il Papa: “Nessuna religione è terrorista. La violenza è una profanazione del nome di Dio. Non stanchiamoci mai di ripeterlo: «Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!»”. Il Papa ricorda il pensiero di Gesù che attribuisce al cuore dell’uomo la radice della violenza, per cui è da lì che bisogna partire, per passare attraverso l’esperienza familiare, “indispensabile crogiuolo” attraverso il quale tutti i componenti imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri e dove i conflitti vengono superati “con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono”. Questa logica dovrà poi passare nel mondo e irradiarsi in tutta la società, perché “un’etica di fraternità e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli non può basarsi sulla logica della paura, della violenza e della chiusura, ma sulla responsabilità, sul rispetto e sul dialogo sincero”.
È un messaggio che interpella anche le nostre comunità e la nostra pastorale. Infatti “le politiche della nonviolenza devono cominciare tra le mura di casa per poi diffondersi all’intera famiglia umana”, si legge nel messaggio. Meritano una verifica allora i nostri comportamenti, la modalità con cui affrontiamo le inevitabili tensioni, l’impegno a costruire comunità aperte, accoglienti, capaci di integrare e non di escludere, che fanno della solidarietà il proprio stile e dell’incontro con tutti il proprio obiettivo. È sbagliato pensare che la chiarezza nell’esposizione delle verità e nella proposta delle norme morali conducano all’aut aut, perché verità e chiarezza sono a servizio del bene delle persone e non delle strutture, e ogni “giudizio” deve servire al discernimento e all’accompagnamento, mai alla condanna. Don Giuseppe Cavallaro