di Nuccio Lo Castro
Nei centri nebroidei di più antica tradizione i prodotti d’arte in marmo, realizzati dalle botteghe degli artisti pervenuti dalla Lombardia, dal Veneto e dalla Toscana e attestatisi nei grandi centri di Palermo e Messina, giungono negli ultimi decenni del ‘400, grazie a esigenti commissioni della locale aristocrazia. Di questo periodo sono le Arche marmoree dei Cardona a Naso, dei Filangieri a San Marco d’Alunzio e dei Rosso a Militello, variamente attribuiti a seguaci di Domenico Gagini e Francesco Laurana. Ben presto sono i portali delle Chiese (S. Lucia a Mistretta), gli archi di trionfo, i dossali d’altare, i fonti battesimali e i Cibori a corredare le tante chiese, ricostruite su precedenti impianti ma, stavolta in eleganti forme basilicali. Sullo scorcio di quel secolo sono diversi i marmorai cui si affida la committenza e cioè Gabriele di Battista (Madonna della Catena a Mistretta), Antonio Vanella (Madonna della Cattedrale di Patti), Giuliano Mancino (S. Caterina a Castell’Umberto), Aurelio di Basilicata (Triade di Galati), Baldassare da Massa (Madonna del Soccorso di Longi) ed altri ancora.
Ma a partire dal primo decennio del XVI secolo, la figura di spicco della scultura siciliana è Antonello Gagini, che risiede a Messina dal 1499 al 1508. In quegli anni e nei successivi (dopo il trasferimento a Palermo), lo scultore riesce a soddisfare le numerosissime richieste grazie anche ad una perfetta organizzazione di bottega, dove operano numerosi collaboratori e i figli, che ne continueranno l’attività fin quasi alla fine del secolo. Antonello, abilissimo nel rivestire di morbidi panneggi le sue giovanili ed idealizzate figure mariane, esalta nel marmo lo spirituale, tenero rapporto tra la Vergine e il Figlio di Dio, da Lei teneramente sostenuto. Si riconosce in gran parte la mano di Antonello nelle “Madonne” di Mistretta, Capizzi, San Fratello, Caprileone, Galati, San Salvatore di Fitalia, Tortorici, San Piero Patti e nelle “Cone” di Tusa, San Salvatore, Ficarra. Tra i più attivi, i figli Antonino e Giacomo ne portano a termine alcuni lavori e ne eseguono altri. I due Gagini ripropongono fedelmente la maniera del genitore, raggiungendo spessissimo le stesse qualità formali ed espressive. Del primo si ricordano il Trittico della Matrice di Mistretta, la Madonna della Neve di Ficarra, le “Annunciate” di Galati e Longi, ilCiborio di San Michele a Patti.
Del secondo è il gruppo del San Francesco stimmatizzato di Tortorici, il Trittico della Madonna della Catena di Sinagra e quello di Pettineo, sua ultima opera datata 1597. Due preziose sculture del carrarese Battista Mazzolo (Annunciazione, Madonna col Bambino), attivo a Messina tra il 1513 e il 1550, sono custodite nella Chiesa Madre di Raccuja. È questa la città natale di un altro scultore messinese, Rinaldo Bonanno, allievo dei michelangioleschi M. Montanini e A. Calamech, di cui è un San Sebastiano (nella stessa chiesa) e la dinamica Madonna delle Grazie nella Badia a Ficarra. Opere della sua scuola possono essere considerate le Vergini conservate a Sinagra e a Sant’Angelo di Brolo.
Il fascino della scultura “gaginiana” oltrepasserà comunque il Cinquecento, dimostrando la grande accoglienza dei modi dolci, sensuali e manierati del Caposcuola, con numerose altre sculture che impreziosiscono le chiese dei Nebrodi.
Nuccio Lo Castro