di Nino Indaimo
La festa di Maria SS. Annunziata costituisce momento clou, in cui da sempre Ficarra ha deciso di rappresentarsi come in una pièce teatrale dalla sontuosa scenografia.
Ma il tempo provoca anche i suoi danni irreversibili. Ciò è avvenuto, soprattutto, nel campo delle manifestazioni etnologiche. A cominciare dalla più antica e meno nota tradizione, l’offerta di grossi ceri, che si celebrava nell’incantevole scenario della piazzetta Badia. Una processione lunghissima diportatori di ceri che si concludeva con una danza proprio davanti alla chiesa della Badia.
Intorno al 1850 padre Miraglia, responsabile delle celebrazioni sacre, per sedare una rissa, scoppiata per futili motivi, nella quale i ceri erano divenuti attrezzi da combattimento, vietò l’offerta dei ceri e la danza finale, che, da allora, opportunamente, non è stata mai più riproposta.
Verso la fine degli anni quaranta cessava, invece, l’altra tradizione che il 25 marzo vedeva il lancio del pallone, che consisteva nella costruzione, da parte di un abile “ingegnere”, di una rudimentale mongolfiera e, soprattutto, nel farla volare, dalla piazza del monumento. Tale pallone, nei giorni a seguire, costituiva motivo di ricerca lungo le valli e le colline, e di discussione sul luogo di ritrovamento.
Seppure con fasi alterne, sempre il 25 marzo, si ripete, il rito dell’addobbo e dalla processione dell’albero di alloro. Ornato con agrumi, nastri di vario colore, precede la statua della Vergine durante il percorso processionale, portato a braccia da uno o più portatori secondo la grandezza dell’albero.
Ciò che si tramanda e che non ha perso valore affettivo e simbolico, di penitenza, è la processione delle donne a piedi nudi. Tale tradizione ha il preciso significato di “custodire, tramandare, raccontare” un profondo atto d’amore e di devozione. Il passato si fa, in questo modo, memoria e storia. E’ il momento questo in cui tutto un universo rivive, nel presente, la sacralità collettiva dei ficarresi di ogni tempo.
Nino Indaimo