Credete al vangelo
“Convertitevi e credete al Vangelo” sono le parole pronunciate dal sacerdote nell’atto di porre la cenere sul nostro capo il mercoledì delle Ceneri, o che risuonano comunque all’inizio della Quaresima. Che cosa significa “credere al Vangelo”? È una sfida che dobbiamo affrontare noi cristiani in questo tempo di indifferenza e di superficialità, dentro una cultura che ha idealizzato il benessere fisico e materiale a scapito dei valori spirituali e degli stessi valori umani della giustizia, della pace, della solidarietà.
Significa innanzitutto accogliere il Signore Gesù, sentirlo presente nella nostra vita, cercare la relazione con lui attraverso la preghiera, coltivando l’interiorità, i pensieri e i sentimenti.
Significa poi far spazio alla sua Parola, meditando se ci è possibile le letture che la Liturgia propone ogni giorno, o leggendo qualche commento ormai presente anche nella stampa cattolica, in internet, per mezzo di qualche “applicazione”. Dicevo ad un giovane, diventato schiavo del suo smartphone e delle devianze cui facilmente lo induceva, che era possibile usarlo in modo intelligente e addirittura “spirituale”, date le molteplici offerte di comunicazione religiosa che sono presenti anche nel mondo virtuale.
Significa ancora prendersi cura di qualche persona che si trova in difficoltà, tra i nostri cari o tra le persone che la provvidenza ci mette accanto. L’apostolo Paolo ci invita soddisfare prontamente qualsiasi debito eventualmente contratto, ma afferma che ce n’è uno che non potremo mai soddisfare pienamente, ed è quello “dell’amore vicendevole”. Era assai provata quella donna che mi raccontava i torti subiti, l’amarezza dell’insensibilità e dell’ingratitudine, il peso dell’acredine che si era accumulata in lei; non mi restava che suggerirle il segreto evangelico perché potesse ritrovare la sua pace: cominci col perdonare e vedrà fiorire la gioia nel terreno dissodato dalla sofferenza.
Significa anche proteggere e conservare l’ambiente, la nostra “casa comune”, come la chiama Papa Francesco, accostarci ad essa con stupore e meraviglia, con il linguaggio della fraternità e della bellezza, non con quello del dominio, dello sfruttamento e del consumismo. Siamo chiamati alla custodia del creato, averne cura è parte essenziale dell’esperienza cristiana. “Dimentichiamo che noi stessi siamo terra”, leggiamo in Laudato si’, e quindi la cura comincia da noi stessi, dal voler bene al nostro corpo cercando la salute non soltanto quando siamo affetti da qualche malattia, ma ancor prima di contrarla, educandoci a un’etica della sobrietà, alla capacità di godere con poco, al ritorno alla semplicità.
Significa infine attrezzarci di una regola per le nostre convinzioni e le nostre scelte, in modo da non essere in balia delle mode o dei poteri forti, che ci condizionano per squallide motivazioni commerciali ed economiche. Nei colloqui spirituali insisto molto sulla necessità di una coscienza formata, che si confronta costantemente con la legge del Signore, quella iscritta nella natura e quella trasmessa dalla Rivelazione e dalla Tradizione; solo così si diventa capaci di coerenza nei comportamenti, di serietà nell’elaborazione del pensiero, di progettualità costruttiva.
Preghiera, digiuno e carità.
Gli impegni quaresimali, lungi dall’essere superati, ricentrano ancora la nostra vita e la nostra realtà su ciò che ci costruisce in pienezza.